«Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua». È la supplica accorata del ricco epulone che, dopo aver banchettato lautamente nella vita, indifferente alla povertà di Lazzaro, ora si trova nei tormenti dell’inferno e chiede un gesto di attenzione verso la sua condizione di prova. Mi ha colpito una cosa di questa preghiera: il ricco non si rivolge a Lazzaro ma ad Abramo… Lazzaro gli è indifferente anche da morto! Oltre la morte non c’è un tutt’altro della vita presente! Spesso sento questa favoletta che, una volta morti, si passa direttamente in paradiso, annullando ogni peccato e mancanza di cui si è responsabili: non è così! Il paradiso trasfigurerà il bene che abbiamo fatto, non il male! A questo proposito mi ricordo di aver letto un racconto dove l’aldilà era raffigurato come un grande pentolone con dentro del cibo delizioso e con attorno tutti gli uomini. Ognuno aveva un gande mestolo con il quale non riusciva ad imboccarsi da solo… serviva ad imboccare gli altri! Ora, chi in vita era stato egoista cercava di mangiare da solo ma non risuciva… chi, invece, aveva imparato a far del bene agli altri, imboccava chi gli stava di fronte e così riceveva lo stesso in cambio… Il paradiso ce lo costruiamo qui! Buona giornata