«Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto». Oggi, si dice, siamo “social”… Letteralmente vorrebbe dire “sociali”. Mhmm… faccio fatica a riconoscerlo! Essere sociali significa essere aperti agli altri, attenti ai bisogni, solidali, fraterni, capaci di assumersi il destino di ogni uomo e di ogni donna come se fosse il proprio… non mi sembra che sia così. Certamente “social”, nell’accezione in uso, ha tutt’altra risonanza: significa essere sempre visibili, sulla piazza del web, pubblicando ogni pensiero, ogni passo, ogni esperienza, perchè tutti ne siano a conoscenza ed esprimano la loro reazione… C’è un bisogno impressionante di dirsi, di raccontarsi, di avere un report rispetto a quello che si è e che si fa… quasi proprio per ovviare alla sensazione dell’essere invisibili, ininfluenti, inutili! Il bisogno di essere qualcuno, credo, è innato nell’uomo: l’affermazione di sè sta come espressione del delirio di essere qualcuno di più importante dell’altro… Gesù, ai suoi discepoli, dice di vigilare molto sull’ansia di dire e raccontare subito a tutti quello che si vive e si sperimenta. C’è bisogno di un tempo di incubazione delle idee, delle sensazioni, delle intuizioni… riflettere e meditare prima di parlare! Forse la moderazione “social” non ci farebbe così male… Buona giornata