V DOM. PASQUA – B – 29 APRILE 2018
«Rimanete in me e io in voi» (Gv 15,4a)
Il tralcio che non porta frutto viene tagliato da ogni buon contadino che si prende cura dei suoi vitigni e questo non crea nessuna fatica ai nostri schemi di pensiero. Più complesso è il discorso della potatura dei tralci buoni. La potatura consiste pur sempre in un taglio, un ridimensionamento, una perdita. È fondamentale che la mano del giardiniere sia una mano sapiente, altrimenti la potatura finisce per combaciare con l’eliminazione dei tralci infruttuosi. Ma nel nostro caso possiamo stare tranquilli perché a prendersi cura della vite cui tutti noi facciamo parte ci pensa nientemeno che Dio, lo stesso che all’inizio del tempo ha creato il paradisiaco giardino dell’Eden (Gen 2,8-9), lo stesso che ha fatto germogliare l’albero ormai seccato (Ez 17,24).
Dobbiamo preoccuparci piuttosto di dare significato alle sapienti potature che Dio compie nella nostra vita, perché siano tagli che davvero ci fanno crescere. Ognuno deve individuare dove il Signore gli chiede di rivedere la propria corteccia, quale aspetto della vita deve limare, quale lato del carattere deve convertire. Nel meccanismo della potatura è nascosto lo stesso dinamismo della Pasqua del Cristo, che per giungere alla gloria della risurrezione ha dovuto sperimentare la morte. Non temiamo dunque di dover continuare a morire a noi stessi per portare frutto, mettere in discussione le nostre certezze per accedere alla verità di Dio; c’è un solo modo per comprendere e accettare la lama del giardiniere: rimanere ancorati a colui che ha già sperimentato il frutto che segue la potatura. Rimanere in Cristo risorto.