“L’avete fatto a me.”
In questo brano Gesù ritaglia per sè due ruoli: quello di giudice che decide la sorte degli uomini e quello di povero che ha bisogno dell’aiuto di tutti. Anche l’uomo si ritrova classificato in due categorie: chi è andato incontro al bisogno del povero e chi non vi è andato incontro. C’è una semplificazione della vita giocata sull’amore; o si ama o non si ama, il resto non conta. Il problema della salvezza è un problema di carità.
Dio oggetto della fede si identifica con il povero oggetto della carità. L’avete fatto a me. Sembrerebbe che la carità che ama il Dio/povero includa anche la fede che si rivolge semplicemente a Dio. Il fuoco della religione, come quello della vita, diventa allora lo stesso: Amare il fratello che ha bisogno perché questa è la cosa che a Dio piace di più fino al punto da far dipendere da questa il premio o la condanna eterna.
L’avete fatto a me. Il discepolo ha imparato da Gesù che l’amore al fratello è la strada maestra per amare Dio.